martedì 10 ottobre 2017

La Festa dei Morti a Palermo

Pi rifriscarici l’arma
A Palermo, ancora oggi, per la Festa dei morti, i genitori regalano ai bambini dolci e giocattoli, dicendo loro che sono stati portati in dono dalle anime dei parenti defunti.



Ecco un tipico esempio di "Pupaccena" o "Pupa ri zuccaro", una statuina di zucchero colorato rappresentante solitamente ballerine per le bambine e cavalli con rispettivo cavaliere per i maschietti.
La mia raffigura una bella Angelica direttamente dall'Orlando Furioso dell'Ariosto.
I Pupi venivano offerti, in tempi più antichi, ai defunti, con l'assicurazione che, avendo vestigia umane, divorare loro o una persona in carne e ossa fosse la stessa cosa.
Nel "cannistru" non possono mancare Frutta Martorana e ogni tipo di dolciumi, fra cui i Tetù e i Teio, che letteralmente stanno a significare: uno a te, uno a me.



Qui una bella bancarella di Pupi ri zuccaro. Lo stand è stato allestito lo scorso 2 Novembre in Piazza San Domenico a Palermo da un Puparo della tradizione palermitana.


Ecco qui invece i suoi strumenti di lavoro. Le "pupaccena" sono state realizzate davanti ai nostri occhi deliziati.



lunedì 9 ottobre 2017

Culto delle anime pezzentelle fra Chiesa delle anime del Purgatorio ad Arco e Cimitero delle Fontanelle a Napoli.

                                                             
Refriscano ll’anem ‘o Priatorio
















Nella cultura popolare napoletana, mal tollerata dalla Chiesa, c'era l'uso di adottare una "capuzzella di morto" scelta a caso fra le tante senza nome.
Le si rivolgevano preghiere e richieste di grazie e di favori con la promessa che, se queste fossero state esaudite, il teschio anonimo avrebbe ricevuto la sua speciale cassettina di legno colorata e decorata.
Se invece l'anima del Priatorio (Purgatorio) non avesse compiuto il suo dovere, il teschio sarebbe stato girato verso il muro, a mò di castigo. 
Il linguaggio che permetteva al postulante e all'anima interpellata di comunicare era quello dei sogni. Attraverso le immagini notturne si ricevevano segni e indicazioni, richieste e profezie.
La "capuzzella" riceveva un nome o un nomignolo, una storia, un'identità, confermata e avvalorata dagli scambi notturni, e veniva onorata di un culto a metà fra preghiere ufficiali e riti la cui origine si smarriva nella notte dei tempi.

venerdì 14 ottobre 2016

Sulle tracce dell'Angelo- Parte Prima

Nella Repubblica di Platone, Libro X, ci viene raccontata la storia di Er, un guerriero coraggioso che muore in battaglia e, giusto un attimo prima che il suo funerale venisse celebrato con l'accensione della pira sulla quale era disteso, si risveglia e racconta di essere stato nei regni oltre la morte e di aver conosciuto coloro che vi abitano.
Una vera e propria esperienza di premorte: Er si sveglia dal profondo coma nella quale era caduto e come tanti testimoni oggi, celebri e meno celebri, racconta il suo personale tunnel di luce per accedere all'Aldilà.
Ciò che riporta Er non ha solo a che vedere con questo Mondo delle Idee che oggi chiameremmo piano astrale, nel quale i desideri prendono forma prima di essere tradotti in materia (così funziona l'astrale e a questo probabilmente si riferiva Platone), ma anche con ciò che accade all'anima prima di ritornare in vita.
Perché sì, si ritorna, non prima però di aver scelto il proprio Destino.
E' Platone stesso a dirci che la maggiore o minore virtù della vita futura non ci è imposta dagli dei, ma è diretta conseguenza della nostra elevazione morale e spirituale e del nostro passato.
Non rinascerò santo se nella vita precedente non ho già piantato i semi del mio risveglio.
Come solerti agricoltori torniamo al nostro terreno vita dopo vita, incarnazione dopo incarnazione, cercando di migliorare il raccolto.
Ma come faremo a ricordare chi vogliamo/dobbiamo essere?
Er racconta che un momento prima di incarnarsi l'anima beve al fiume Lete, procurandosi l'oblio.
Eppure qualcuno, i filosofi forse, o i saggi, scelgono di bere di meno e di ricordare di più.
Sarà forse il caso di quei bambini che conservano ricordi così vividi della vita precedente, o dei Rinpoche tibetani che rinascono maestri, fra tutti il Dalai Lama?
Potrebbe.
Gli antichi misteri orfici e pitagorici non si discostano molto dai principali insegnamenti buddisti.
Ma, per chi nasce e non ha la fortuna di essere fra questi?
L'anima sceglie per sé un compagno, un alter ego, una guida che ricorderà per lei chi essere, quale forma rivestire, quale destino incarnare, dove è meglio non spingere il passo.
Lo diceva Socrate, di avere fin da bambino un daimon impiccione che gli parlava di continuo, suggerendogli più cosa non fare che cosa intraprendere.
Pare che lo consultasse spesso.
Questo invisibile compagno è stato chiamato in molti modi: per Socrate e Platone era un demone o un genio, per gli Ebrei un mal'akh, per i greci un ánghelos.
I Babilonesi avevano i sukkai, i Persiani i daeva.

Credevamo forse di essere stati originali noi europei a inventarci questa creatura chiamata angelo che ci figuriamo bionda e con gli occhi chiari come per i greci lo furono i portatori di vittoria?
Cristiani e islamici arrivano molto dopo, mentre la figura di questo essere alato medium fra l'uomo incarnato e il dio/gli dei è davvero antichissima.

E in qualche modo noi uomini moderni lo abbiamo demansionato, attribuendogli il solo ruolo di custode della nostra salvezza, morale e  spesso anche fisica.
Fin dall'inizio dei tempi, invece questa creatura rivestì un compito più alto.
Lo lasciamo dire a Hillman, nel suo Il Codice dell'Anima.

“Prima della nascita, l’anima di ciascuno di noi
sceglie un’immagine o disegno che poi vivremo sulla terra, e riceve
un compagno che ci guidi quassù, un daimon, che è
unico e tipico nostro. Tuttavia, nel venire al mondo, dimentichiamo
tutto questo e crediamo di essere venuti vuoti. È il daimon
che ricorda il contenuto della nostra immagine, gli elementi del
disegno prescelto, è lui dunque il portatore del nostro
destino”.


martedì 11 ottobre 2016

Geografia sacra: escursione al Santuario di San Michele di Mezzo a Carpineto di Fisciano



Questo è il bellissimo video realizzato da Antonio Manzo, gestore de Il Soffione.TV, che vi racconta la nostra escursione del 29 Settembre 2016 al Santuario di San Michele di Mezzo, a Carpineto di Fisciano, in collaborazione con l'Associazione Archeologando in Tour di Baronissi.

L'evento è inserito in un più articolato calendario di visite a luoghi sacri e misteriosi insieme del panorama campano, in via di definizione.

mercoledì 2 dicembre 2015

La Parola che crea il Mondo

Appassionata fin da piccola di mitologia, simbolismo e archetipi, devo aver trascorso interi pomeriggi a leggere di antichi dei e dee, che da sempre incrociano le nostre storie, frammenti di una stessa Idea che cambia continuamente forma, cangiante come la luce rifranta da un cristallo: uno il raggio, molteplici le emanazioni dei suoi colori. Ho sempre avvertito che il Mondo poggiava le sue radici su un calderone di racconti che fin dall'inizio dei tempi hanno accompagnano le notti dell'uomo. Per me, persa nei libri, era evidente che la Parola era la radice stessa della Magia. Incantare è solo una forma più raffinata del cantare, un mago è anche un bardo e non è un caso che anticamente la Scrittura fosse un sapere iniziatico che veniva trasmesso solo ad alcuni accoliti nei templi, così come la Musica e i Numeri. Poche cellule di sapere nel mondo tramandavano la Conoscenza che è la sacra arte di riflettere la Verità. La realtà è fatta di noi: la fisica quantistica ci spiega che l'osservatore è parte dell'osservato, che il fenomeno si modifica mentre viene “misurato”, che la materia che noi conosciamo è composta di particelle e di onde, che tutto ciò che ci circonda appare e scompare continuamente, con la reale possibilità che a ogni nuova materializzazione la configurazione di ciò che ci è noto si modifichi. Ora, se il mondo che viviamo e che siamo è davvero così inafferrabile, gli sciamani non erano troppo lontani dal vero quando affermavano di riuscire a viaggiare fra i vari piani della realtà. Il Mondo è un'Idea. Meglio. Il Mondo è un'idea che si modifica continuamente. Il costruttivismo ci ha insegnato che la realtà è negoziabile, che il vero è ciò in cui crediamo, e che valori ontologici assoluti come Bene e Male possono essere efficacemente sostituiti con idee di Bellezza e Armonia. Giusto e sbagliato sono convenzioni, Caos e Cosmos raccontano forse meglio in che modo la realtà si aggrega e si disgrega. Esiste sempre un principio ordinatore, all'inizio di ogni Cosmogonia, che dal Nulla, inteso come Possibilità del Tutto, trae le Forme del conosciuto. In principio c'è una possibilità che viene selezionata fra mille, un po' come quando la nostra rete neurale predilige alcune sinapsi a discapito di altre e crea la Forma della nostra identità, l'orma lasciata dal nostro passo. Chi è questo principio ordinatore? Dio? Io? La coscienza? La Consapevolezza? È ovvio che ho qualche idea al riguardo. Se è reale la stanza in cui scrivo, per lo stesso principio lo sono gli dei in cui credo. Soprattutto se quell'idea prende forza dal focus di più persone nel corso del tempo. Quell'idea ha un potere, il mio, unito a quello di molti altri. In Magia questa è un'eggregora. Noi la chiameremo semplicemente Forma. Come viene magnificamente spiegato nelle Nebbie di Avalon, il romanzo della compianta Marion Zimmer Bradley, tutti gli Dei sono Uno, perché dall'Uno, che non può essere detto poiché nessuna lingua può comprenderlo (l'Uno è al di là della lingua, essendo precedente al pensiero) scaturiscono tutte le identità degli Dei che veneriamo. Perché qualcosa nasca basta “chiamarla”, invocarla. Se i nostri pensieri fossero puri, noi parlando opereremo magie ogni giorno. Tale è il potere della parola. Un Dio è un'Idea, e in un'idea, soprattutto quando è condivisa, c'è sempre molta forza. Questo è il punto. Gli Aborigeni Australiani raccontano che noi sogniamo il Mondo, tutti insieme. Il Mondo è una costruzione più o meno condivisa nelle sue varie parti: laddove due o tre di noi si riuniscono per fare lo stesso Sogno, ne generano un pezzetto. Nella Bibbia, e soprattutto in quel meraviglioso Vangelo iniziatico che è il testo di Giovanni, Dio è una Parola che soffia sulle acque del Nulla e genera tutte le cose. 

In principio era il Verbo,
il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era in principio presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui,
e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste.
In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre,
ma le tenebre non l'hanno accolta .

Nella Genesi Dio dice e col semplice atto di dire fa il mondo. Se, come credo, Dio e Io coincidono, allora raccontare storie racchiude potere. Benedire e maledire hanno potere e generano karma, ovvero un solco, una preferenza, una selezione di alcune possibilità a discapito di altre. Se le mie parole creano il mio Mondo, allora è decisamente il caso che io ne parli bene. Da questo mio peregrinare all'origine di tutti i racconti si intuisce perché io passi la mia vita a raccogliere storie che hanno potere e fanno Anima, nel senso più letterale del termine: perché esse partoriscono pezzi di questo calderone che è l'Anima del Mondo, il Sogno universale in cui tutti siamo immersi, come all'interno di un grembo materno, continuamente partorendoci. Nel racconto del Re Pescatore, mentre i convitati sono seduti a tavolo durante una festa al Castello, appare una coppa magica dalla quale ognuno estrae tutto ciò che desidera, benché essa al suo interno sia vuota. E' interessante ricordare che i due re feriti non guariscono perché Parsifal non pone loro domande sulla natura del Graal e che il racconto rimane senza finale. Non è forse il racconto stesso una domanda lasciata aperta? E come mai il semplice atto di porre domande ha insito in esso il potere di guarire? Raccontare storie può guarire la nostra idea semplicemente modificandola e, se l'idea si modifica,, il nostro mondo sana le sue ferite. Questo è il potere delle favole, questo è il potere del mito, da sempre.

venerdì 27 novembre 2015

Storie di sciamani ed altrove

Un "racconto di potere" porta con sé immagini capaci di suggerire nuove possibilità di pensiero e di azione.
In questo mondo tutto è immaginazione e niente che non sia stato prima immaginato può accadere. Per esempio, come avrebbe il primo uomo potuto cacciare il primo mammut o il primo tirannosauro azzannare il primo velociraptor, se nell'isitinto non fosse esistita l'immagine della caccia? Per portere in essere un comportamento c'è sempre un'immagine guida.
Queste sono le immagini che gli antichi chiamarono dei e che gli psicanalisti definiscono archetipi: le forme originarie delle esperienze.
Gli sciamani possiedono l'arte di dialogare con gli dei. 
Gli sciamani sono bardi, cantastorie, conoscono racconti capaci di portare in essere immagini, cioè possibilità, prima inesplorate e con ciò possono risolvere problemi altrimenti insormontabili.
Questi racconti non sono storie qualunque, sono "favole di potere".


Il profumo della Luna, Selene Calloni Williams

sabato 27 settembre 2014

Puglia, Maria Odegitria e suggestioni di rito ortodosso. (Parte prima)

Quest'estate, visitando la Puglia, ho avuto modo di entrare in molte bellissime chiese.

La Cattedrale di Trani, con le sue delicate sfumature di rosa sullo sfondo dell'azzurro porto.

La ricchissima varietà di edifici sacri, nel tipico barocco, a Lecce, dove scopro che la precedente Santa Patrona, Irene, venne soppiantata un po' brutalmente da Sant'Oronzo, con un certo disappunto da parte della guida turistica che ci mostra le parti salienti della città e che pare prediligere in particolare proprio la delicata ed essenziale chiesa dedicata alla Santa.

La Cattedrale di Bari, dedicata a San Sabino, che si apre su piazza Odegitria.

Ora, vale la pena di ricordare che Odegitria (colei che indica il cammino,  la giusta direzione, dal greco ὸδηγήτρια) è l'attributo dato nella devozione cristiano-ortodossa a Maria Vergine, chiamata anche Theotókos, sempre dal greco antico, Madre di Dio.

La Puglia, e Bari in particolare, hanno avuto una lunga tradizione di scambi con l'Oriente.
Nella Basilica di San Nicola, più precisamente nella cripta, sono autorizzati alla celebrazione entrambi i riti, il cattolico nella navata di destra, l'ortodosso nella navata di sinistra, dove troneggia una bellissima iconostasi lignea. L'iconostasi è la parete decorata con icone sacre che, sempre nel rito ortodosso, separa la navata dall'altare.



Proprio sotto l'altare riposano le spoglie di San Nicola, santo caro ad entrambe le tradizioni religiose.



Entrare nella cripta della Basilica di San Nicola può dare a uno smarrito pellegrino una reale dimensione di sacralità, che non si sperimenta ad esempio, in altri luoghi cari alla tradizione cristiana, come il Santuario di San Michele Arcangelo sul Gargano, ad esempio.
Lì la dimensione della meditazione e della preghiera è stravolta da un barbarico afflusso turistico incurante del silenzio e della particolare sacralità del luogo, che si dice sia stato consacrato non per mano umana, ma dall'Arcangelo Michele in persona.
Le donne di fede ortodossa arrivano silenziose e con il capo coperto, e spesso da lunghi foulards, si accostano all'iconostasi come all'oggetto più prezioso che possa esistere sulla terra, pregano con fervore con in mano minuscoli e deliziosi libricini da preghiera, con visi contratti in espressioni di supplica e penitenza.


Insomma, io mi sono vergognata del nostro modo un po' caciarone di entrare nei luoghi sacri e salutare il divino.
Qualche anno fa mi trovavo in fila davanti a una ex stalla sulle colline di Assisi che, ristrutturata con molta cura e amore, era diventata il Tempio principale di una comunità di Quarta Via che si era stanziata in un gruppo di cascine tutt'intorno.
La fila era lunga, il tempo scorreva lento, si trattava proprio, guarda caso, della solennità dell'Immacolata e attendevamo di entrare per assistere a una lezione del Maestro.
Insomma, per farla breve, sembrava lo sportello delle Poste all'ora di punta: varie riflessioni sul pranzo, sulle vacanze, pettegolezzi, schiamazzi e risate come nella migliore tradizione italiana.
Quando alla fine entrammo tutti, e, sempre ridendo e spettegolando, prendemmo posto fra cuscini e sedie, il Maestro arrivò e con aria un tantino irata ci ricordò che la sacralità di un posto è determinata dall'attitudine di chi vi entra e che, quel pomeriggio, la cascina era di nuovo diventata un riparo per le pecore.
Poi, con nostra enorme costernazione, ci intimò di uscire di nuovo, tutti, e di rientrare con atteggiamento più consono a un Tempio e con una migliore predisposizione alla meditazione e alla preghiera.
E così facemmo, mantenendo il silenzio e l'attenzione, qualità questa che un praticante della Quarta Via dovrebbe ricordare sopra tutto.
Ecco: l'attenzione era esattamente la qualità e il tipo di energia che si poteva respirare in quella cripta.
Era ciò che rendeva quel luogo particolarmente "sacro".
Mi sono convinta che, nonostante tutto, la chiesa ortodossa abbia conservato degli insegnamenti e delle memorie che a noi occidentali di rito cattolico sono decisamente sfuggite.
E forse capisco perché Benedetto XIV desiderasse restaurare la celebrazione eucaristica in latino.
A volte il confine fra esoterico ed essoterico sia fa davvero abissale, e in alcuni riti esiste una sapienza antica che abbiamo smarrito.


venerdì 9 novembre 2012

Le dee perdute dell'antica Grecia: il mito di Gaia

Emergo adesso dalla lettura di un testo del 1978, "Le Dee perdute dell'antica Grecia, della professoressa Charlene Spretnak che, insieme a Merlin Stone e Marija  Gimbutas, ha posto le basi culturali per la riscoperta dell'antica religione della Dea: una ricerca, questa, che al tempo servì da sostrato filosofico per le lotte femministe e la rivendicazione dei diritti della donna.
Oggi queste energie hanno assunto toni meno violenti e ogni movimento per la conquista di un nuovo tassello passa maggiormente attraverso un lavoro di consapevolezza interiore prima ed intellettuale poi.
Un tempo abbiamo ragionato con le energie uraniane e il movimento hippie ha sovvertito oltre che scandalizzato la società dei benpensanti.
Oggi la rivolta è stata sostituita da un plutoniano lavoro di scavo interiore alla ricerca di abusi, nevrosi, traumi, rimossi. Trovo che nessuno dei due modelli sia preferibile all'altro, il tempo segue un'ascensione spiraliforme che tende a incidere all'infinito sugli stessi punti smussandoli a ogni nuovo passaggio.
Eppure queste donne che ho menzionato hanno onorato Plutone con il loro lavoro di scavo meticoloso sotto le macerie del tempo e le rovine della memoria. Quando si sono imbattute in una traccia insabbiata da dominazioni successive ( la cultura tende sempre a sostenere la memoria del vincitore) le segugie di Artemide hanno fatto ogni sforzo per non perdere la pista.
Le guerriere del movimento sono state Starhawke, Vicki Noble; queste donne, invece, hanno segnato la rotta consultando le carte nautiche e scrutando le stelle.
Nel libro "Le dee perdute dell'antica Grecia" troviamo una raccolta di miti legati alla religione preellenica, praticata dai Minoici prima e dai Micenei poi fino all'avvento dei Dori, che portarono con loro Dyeus Piter,il nostro Zeus, il primo Signore del cielo che quelle terre avessero mai conosciuto.
Tutte le dee che in seguito divennero mogli gelose, donne di facili costumi, fanciulle immature o guerriere mascoline nate dalla testa del padre, ritrovano in questo testo la loro collocazione originaria e la loro centralità antropologica e culturale.
I guerrieri scesi dal Nord non poterono domarle tutte: Ecate rimase oscura signora dei crocicchi e della magia, ma venne tacciata come strega; Demetra e Kore poterono ancora celebrare i loro misteri, benché Ade spuntasse dalle profondità della Terra per rapire la Fanciulla divina in nozze sacre; Atena non accettò mai di sposarsi; Vesta rimase il Fuoco più sacro su cui giurare.
Tempo fa ho postato un articolo sulle grotte come luoghi legati al vaticinio e, in modo assai contorto, all'Arcangelo Michele e alla Vergine Maria, spiegando come già un tempo Apollo uccidesse Pitone a Delfi per impossessarsi dell'oracolo.
Riporto qui di seguito uno stralcio del mito di Gaia, così come lo ha ricostruito storicamente la Spretnak, come traccia fondamentale di cosa fu invece un tempo la profezia legata alla Terra

                              

[...]Nonostante la loro prosperità, i mortali si preoccupavano costantemente del futuro. Dapprima Gaia ebbe l'impressione che fosse una loro divertente eccentricità. Ma quando vide che l'angoscia per il futuro rischiava di logorare alcuni suoi figli, inviò loro un oracolo. Sulle colline del luogo da essi chiamato Delfi, la Dea suscitò vapori che affiorarono dal suo mondo sotterraneo e si diffusero attraverso una fenditura nella roccia ad avvolgere la sua sacerdotessa. Gaia istruì la prescelta sui modi per entrare in trance e su quelli per interpretare i messaggi provenienti dall'oscurità della terra, suo grembo. I mortali intrapresero lunghi viaggi per consultare l'oracolo e domandare se la nascita di un figlio sarebbe stata accompagnata da buoni auspici o se il raccolto sarebbe stato abbondante o se la caccia avrebbe procurato una quantità sufficiente di selvaggina o se una madre sarebbe sopravvissuta alla malattia di cui soffriva. 
E Gaia fu così commossa da tutte le loro pene che inviò altri prodigi rivelatori del futuro ad Atene e a Aegae.
Incessantemente la Madre Terra dispensò doni sulla sua superficie e accolse i defunti nel proprio corpo. In cambio fu riverita da tutti i mortali. Come offerte a Gaia, focacce d'orzo e miele venivano lasciate nella cavità della terra prima della raccolta delle piante. Molti suoi templi furono costruiti vicino a profondi dirupi, dove ogni anno gli uomini offrivano focacce dolci al suo grembo. E dall'oscurità dei suoi segreti Gaia accolse i loro doni.



N.B:
Le foto sono state scattate dall'autrice nell'area dell'Heraion di Paestum (Sa).



lunedì 8 ottobre 2012

Misteri Eleusini: dalla tradizione alla letteratura.

Tra Settembre e Ottobre, poco prima della semina, nel Santuario di Eleusi si celebravano i Mysteria, riti sacri in onore di Demetra e Core, la Madre e la Figlia, nei quali probabilmente venivano utilizzate sostanze psicotrope (una variante di segale cornuta) per facilitare l'apertura della Visione interiore a coloro che facevano richiesta di essere iniziati .
Dalle testimonianze che ci sono state tramandate, i questulanti ricevevano risposte sulla vita dopo la morte, esperienza che li liberava completamente dalla paura, aprendo un canale per una personale connessione con le dimensioni del sacro.
Si accedeva al rito, come ci viene narrato, dopo un processo di purificazione che comprendeva il digiuno e il raccoglimento, perchè non bisognava mai giungere impreparati dinanzi ai Misteri, che richiedono un'adeguata preparazione del corpo e della mente.
Da quanto ci viene trasmesso, pur nelle ombre che necessariamente gli antichi spargevano intorno al Sacro per preservarlo da occhi contaminati, si trattava di un rito di tipo sciamanico, in cui l'iniziato riceveva la sua personale rivelazione, capace di dare un senso al resto della sua esistenza.
I Misteri Eleusini si celebravano in primavera nella piccola forma e in autunno in quella grande presso la città di Eleusi, dove si diceva che la Dea Madre fosse giunta per riposarsi dalla ricerca della Figlia perduta, ma le probabili origini di questo rito sono anatoliche.
Ecco perché inserisco qui una versione di come si sarebbero potuti svolgere i Misteri tratta dall'acuta penna di Marion Zimmer Bradley nel suo celeberrimo romanzo "La Torcia", il quale racconta la guerra di Troia vista dagli occhi della principessa Cassandra.
Nel libro la fanciulla, dotata del dono della Vista sin da piccolissima, viene inviata con le Amazzoni a compiere il suo addestramento e, guidata dalla regina Pentesilea, sua parente, giunge in Colchide.
E' qui che, al calare delle stelle d'autunno, ella riceve la sua iniziazione alla Madre Serpente, secondo un rito che deve essere stato il progenitore di quelli che ogni anno si sono celebrati ad Eleusi fino a quando il tempio non venne distrutta ad opera dei Visigoti, nell'anno 396 d.C .






Condividi con la Figlia della Terra la discesa nelle Tenebre...  
Una voce la guidava da lontano e non sapeva se fosse reale oppure no.
A una a una devi abbandonare tutte le cose di questa terra che ti sono care, perchè non ti apparterranno più.
Cassandra scoprì che adesso portava le proprie armi, anche se sarebbe stata pronta a giurare di averle lasciate nella stanza di Andromaca quella mattina. Tra i rulli dei tamburi la voce ritornò.
Questa è la prima delle porte degli Inferi: qui devi rinunciare a ciò che ti lega alla Terra e ai regni della Luce.
Cassandrà slacciò la cintura ingemmata che reggeva la spada e la corta lancia. Ricordò che Ecuba l'aveva ammonita di portare sempre con onore quelle armi... ma era avvenuto in un luogo molto lontano dalla grotta buia. Anche Pentesilea si era presentata a quella soglia tenebrosa e aveva rinuciato alle sue armi? Sentì la spada e la lancia scivolare sul pavimento e cadere con un suono metallico, tra il rullio dei tamburi.
Perchè le sue mani si muovevano tanto lentamente... seppure si erano mosse? Era tutta un'illusione, oppure era ancora accosciata nel cerchio oscuro mentre avanzava audacemente nella galleria, avvolta nella lunga veste sciolta di Andromaca che, per quanto fosse inspiegabile, non la faceva inciampare?
Chissà dove, c'era un occhio di fuoco. Fiamme sotto di lei? Oppure guardava la fessura dell'occhio del serpente?
Questa è la seconda porta degli Inferi, dove dovrai abbandonare le tue paure e tutto ciò che ti impedisce di di addentrarti in questo regno come una di coloro i cui piedi conoscono e percorrono la Via, seguendo le mie orme.
Ora l'occhio del serpente era vicino. Si muoveva, l'accarezzava...E in un palpito della memoria ricordò quando, forse secoli prima, forse in un'altra vita, aveva accarezzato i serpenti nella casa del Signore del Sole, li aveva abbracciati senza paura. Era come se li abbracciasse di nuovo..., e l'occhio si faceva più vicino, sempre più vicino. Il mondo si ristrinse fino a quando non rimase più nulla con lei nel buio, se non l'abbraccio del serpente. Un dolore la trafisse, le diede la sensazione di stare morendo... E lei si abbandonò alla morte quasi con sollievo. Ma non era morta: procedeva solo nella tenebra ardente.C'era una voce che risuonava più forte del rullo dei tamburi e le echeggiava nella mente.
Ora sei nel mio regno e questa è la terza e ultima porta degli Inferi. Non ti è rimasto altro che la tua vita. Rinuncerai anche a quella per servirmi?
Cassandra pensò disperatamente: Non so a che potrebbe servirle la mia vita, ma sono giunta fin qui e ormai non tornerò più indietro. Aveva l'impressione di parlare a voce alta, ma una parte della sua mente inisisteva a dirle che non emetteva il minimo suono, che la favella era un'illusione come tutto ciò che le accadeva in quel viaggio... se pure era un viaggio e non un sogno bizzarro. 
Non tornerò indietro ora, anche se ne va della mia vita. Ho rinunciato a tutto il resto. Prendi anche quella, Signora delle Tenebre. 
Rimase liberata nel buio, trafitta dal fuoco, circondata dal fremito di ali precipitose.
Dea, se devo morire per te, lascia che veda il tuo Viso almeno una volta!
L'oscurità si rischiarò lievemente; davanti agli occhi scorse un pallore turbinante dal quale emersono a poco a poco un paio di occhi scuri, un volto esangue. Aveva già visto quel volto, riflesso in un ruscello... era il suo. Una voce vicinissima le sussurrò tra il rullo di tamburi e il gemito dei flauti: 
Non sai ancora che tu sei me e io sono te?
Poi le ali travolsero e cancellarono ogni cosa. Le ali e i venti d'uragano la sollevavano, la sollevavavno verso la luce mentre lei protestava: Ci sono tante altre cose da conoscere...
I venti la dilaniavano; un lampo rivelò occhi e rostri crudeli che laceravano... era come se qualcosa di alieno scorresse in lei, la saturasse come un'acqua scura e profonda e scacciasse la coscienza e il pensiero. Da un'altezza immane vedeva qualcuna che era lei e nello stesso tempo non lo era: e sapeva di scorgere il viso della Dea. Poi la fragile presa sulla coscienza si spezzò: e, mentre ancora protestava, precipitò in un infinito abisso silenzioso di luce abbacinante. 
Qualcuno le toccava delicatamente il viso: 
"Apri gli occhi, figlia mia."
Cassandra si sentiva nauseata e debole, ma aprì gli occhi nel silenzio e nell'aria fresca e umida. Era ritornata nella grotta... l'aveva mai lasciata?


Tratto da "La torcia" di Marion Zimmer Bradley

giovedì 4 ottobre 2012

Il Santuario di San Michele di Mezzo

In un articolo precedente spiegavo come la devozione a San Michele fosse molto sviluppata nelle  mie zone, con particolare riferimento all'eremo che si trova su Pizzo San Michele, il monte che sovrasta la cittadina di Calvanico, in frazione di Fisciano.
Quale non è stata la mia meraviglia quando, nel giorno dedicato alla festività dell'Arcangelo, mi sono recata, come mia abitudine, presso il Santuario di San Michele di Mezzo, in località Carpineto, a circa 500 metri di altezza, per scoprirvi, ora che il luogo di culto è aperto al pubblico dopo lunghi restauri, un sito devozionale risalente all'anno Mille e, dunque, più antico ancora del primo, che risalirebbe invece al 600 e pare fosse opera dei conti di Montoro. Al tempo offriva infatti rifugio ai pellegrini che valicavano il monte percorrendo la via devozionale che lascia tracce ben visibili sull'altro versante, nella Grotta dei sette desideri e nella chiesetta micheliana presenti a Forino sul monte Faliesi (il culto più antico dell'Angelo era ospitato da sette piccole cappelle presenti nella roccia, note ancora oggi come "e sette cammarelle", le "sette camerette del diavolo".
Che l'opera fosse al soldo della Signoria montorese lo attestava il sigillo impresso nell'eremo, forse non sopravvissuto ai lavori di restauro.
I pellegrini stessi siglarono il luogo che fungeva da ostello con pitture rupestri piuttosto grossolane, disposte in triplice cinta ad imitazione del santuario sul Gargano, denominate "quadrilli", perchè successivamente incorniciate come piccoli quadri per mantenerne memoria e testimonianza.
La grotta di San Michele  tuttavia pare essere forse il più antico luogo di culto dedicato all'Arcangelo delle nostre zone: essa si compone di due cavità, di cui la prima sopraelevata rispetto alla seconda e di più recente attribuzione, mentre una bella scala tortile fa accedere al secondo sito, che ospita un' icona di Maria Odigitria, Colei che indica il cammmino, immagine di chiara origine bizantina come bizantini dovevano essere i monaci che praticarono i primi culti in questa grotta, probabilmente dopo essere sfuggiti agli Arabi che avevano invaso la Sicilia.
Le due rampe di scale a sinistra e a destra dell'altare creano un disegno rotondeggiante come rotondo è il sito che ospita la figura di Maria, che indica davanti a sè un Gesù adolescente come unica via da seguire per la redenzione.
Quello che si avverte visitando questi luoghi è che, mentre la prima grotta, la più superficiale, ricavata forse dallo scavo umano o almeno ampliata per il culto, si presenta come un luogo suggestivo ma non particolarmente sacro, scendendo nella seconda grotta, di sicura origine carsica, figlia reale del monte in cui risiede, la vibrazione del luogo è potente.
Che in molte parti avvenga questo connubio fra Maria e l'Arcangelo  e che si tratti quasi sempre di grotte dove l'acqua scava la roccia e diventa sorgente, questo è singolare.
Non lontano, sulle colline di Cava de' Tirreni, ne troveremo un' altra, chiamata l'Avvocatella, anch'essa grotta sacra dedicata a Maria, dove la vibrazione della terra è segnalata dalla statuetta di Michele, che con il suo tridente non imbriglia, come alcuni credono, ma piuttosto sottolinea la linea di forza che passa in quel luogo.
Anche qui un sito rupestre e più su, sull'Avvocata, nel silenzio del monte, la devozione del popolo che sale una volta all'anno in occasione della festa, piantando tende e bivaccando per almeno una notte, e suonando l'antica e tribale tammurriata denominata appunto l'Avvocata.
Quante immagini si sovrappongono alla figura solare di Michele, che si contrappone all'oscurità del diavolo così come un tempo Apollo avrebbe fatto con il serpente Pitone, facendo sorgere i suoi templi lì dove in  precedenza riti più antichi dedicati alla Madre Serpente erano stati celebrati.
Le grotte di Michele venivano utilizzate per l'incubatio, pratica di guarigione che serviva a incanalare visioni o sogni benefici, così come un tempo era stato per Apollo, signore della guarigione, e per suo figlio Asclepio.
Michele fu per i Longobardi un novello Odino, di nuovo legato alla sapienza che viene dalla veggenza e che si esprime attraverso la poesia.
Ci troviamo dunque in presenza di un mitologema, un nodo archetipico dove più simboli si sovrappongono, snodo di significati che si rincorrono e rimbalzano l'uno sull'altro, richiamandosi.
Se Pitone era il segno dell'antica Dea Madre, Signora dei Serpenti, secondo un antichissimo culto anatolico, e successivamente troviamo Apollo dove in precedenza era stata  venerata lei, ecco che oggi incontriamo insieme Michele e Maria: troviamo precisi riferimenti nell'apocalisse di Giovanni, dove Michele combatte e sconfigge il Drago, che è nemico antico della Vergine celeste.
Pare dunque che Michele, il Drago e Maria si inseguano come un tempo Apollo, Pitone e la Signora dei Serpenti.
Proprietà transitive scambiano i ruoli di questi personaggi durante le loro reincarnazioni, lasciando tuttavia intatto il filo rosso che li lega.

giovedì 27 settembre 2012

Equinozio d'Autunno: San Matteo

Continuo, con questo articolo, il filone micheliano che tanto mi prende in questo periodo equinoziale, per consuetudine sotto il suo dominio.
La data spartiacque del 23 Settembre, che astronomicamente segna un passaggio celeste e terrestre, è contornata da una serie di altre festività di stampo cattolico che non fanno che riaffermare figure maschili archetipiche, testimoni e simboli del nuovo equilibrio che si sta creando fra Luce e Ombra.
In questa scia si collocano il "Miracolo del Sangue" di San Gennaro il 19 Settembre a Napoli, la festività di San Matteo a Salerno il 21, quella dedicata agli Arcangeli il 29 Settembre.
Sembra quasi che questi numi giochino a passarsi il testimone equinoziale, che astrologicamente cade sotto il segno della Bilancia, in perfetta sintesi di equilibrio fra gli opposti.
Segnalo qui il curioso particolare che si può rilevare visitando la meravigliosa cripta sottostante al Duomo di Salerno, punteggiata da archi a sesto acuto e magnifiche decorazioni parietali. Ebbene, proprio nel cuore di questo tempio, sorge la tomba di San Matteo che ha la peculiarità di essere bifronte, come si vuole che nella leggenda lo fosse il Santo, noto pubblicano ed esattore delle tasse, che manifestava un lato sacro ed uno profano, sottolineando l'ambiguità del proprio personaggio.
Entrando dall'ingresso principale della cripta si scorge un altare sovrastato dalla statua in bronzo a semibusto del Patrono della città, ma è girandoci intorno che ti accorgi che un altro altare è alle sue spalle, perfettamente simmetrico, che si sviluppa tuttavia in profondità, celando, nella sua parte più bassa, alcune reliquie del Santo, alle quali si accede scendendo da una delle due scalinate tortili che si dipartono dalla balaustra centrale.
Abbiamo dunque un Matteo pubblico ed uno segreto: il primo si mostra alla luce dell'apertura della cripta, il secondo sembra volersi inabissare ancora di più in profondità nella terra.
E, proprio all'altezza della balaustra che fronteggia il lato ipogeo, pare a molti di avvertire una curiosa sensazione, come un flusso di energia che riverbera proprio all'altezza del plesso solare e che non sembra provenire dalle spoglie di Matteo, ma dal modo in cui l'altare stesso è stato costruito, confermando la teoria gurdjieffiana della cosiddetta arte oggettiva, prodotta cioè per ottenere su chi la osserva sempre e solo un determinato effetto sottile, che viene registrato dalla macchina uomo a seconda del tipo psicologico che vi si pone di fronte: un istintivo o un motorio, un mentale o un emozionale.
Pare inoltre che, fino al 1860, in una colonnina di rame visibile sul fondo della tomba, si raccogliesse la Manna di San Matteo, che trasudava dalle sue spoglie mortali e si riteneva avesse proprietà miracolose.
Questa cripta ha la peculiarità di essere stata la prima nel Meridione d'Italia a venire concepita ad aula, con struttura cioè aperta rispetto agli angusti vani che in precedenza si destinavano alle tombe dei santi.
L'altra particolarità è che essa, nei suoi componenti architettonici, è perfettamente simmetrica alla chiesa sovrastante, uso assai comune nel Nord Italia, ma assolutamente di nuova concezione per quei tempi nel Sud del paese. Esiste inoltre una corrispondenza di proporzioni e di numeri che lega l'intera struttura della Cattedrale, facendone una costruzione modulare.
Come Jano bifronte che mostrava un volto al passato e uno al futuro e la sua più antica controparte femminile  Janua, signora della soglia, da cui poi le creature magiche che da lei prendevano il potere, le cosiddette Janare, ecco un Santo equinoziale posto sul punto liminare fra Luce e Ombra ( ci viene da dire, non a caso), che sorveglia il passaggio, sempre sacro, di queste forze, che da questo punto dell'anno scendono verso i regni delle Ombre, fino a toccare la Notte più lunga, segnando la strada verso la mistica discesa dell'Anima.
 




 

La Festa dei Morti a Palermo

“ Pi rifriscarici l’arma ” A Palermo, ancora oggi, per la Festa dei morti, i genitori regalano ai bambini dolci e giocattoli, dicendo loro...